Lettera aperta a Michele Prandi

Caro Michele,

ho letto con molto interesse un tuo saggio dal titolo Razionalizzare l’analisi logica: relazioni grammaticali e relazioni concettuali nella frase semplice e complessa, che riassume per gli insegnanti del Molise alcune delle tue idee più innovative e convincenti. Tuttavia mi sono rimasti dei dubbi, delle curiosità, che vertono tutte intorno ad un nodo: la frontiera tra la frase complessa (subordinativa o coordinativa) e il testo. Tu sostieni (correggimi se sbaglio) che quando un parlante vuole tradurre in lingua dei concetti che vede tra loro collegati per una qualche ragione – la successione temporale, la causa, il fine e via dicendo – ha a disposizione fondamentalmente tre opzioni: può collegare i due concetti con la coordinazione (È piovuto a lungo e il muro della vigna è crollato); la subordinazione (Il muro della vigna è crollato perché è piovuto a lungo); la giustapposizione (È piovuto a lungo. Il muro della vigna è crollato). Con le prime due opzioni siamo nell’ambito della frase complessa, quindi della grammatica della frase; con la terza “il compito funzionale ci porta fuori dai confini della grammatica, e cioè nel testo” (p. 9). E infatti, scrivi, la giustapposizione “non forma una frase ma un frammento di testo”.

Vorrei farti a questo proposito una domanda (in realtà, come vedrai, sono molte di più…). Si tratta di questo: per spiegare questa differenza, fai molti esempi di frasi e di frammenti testuali che veicolano lo stesso contenuto. Riporto una delle tue liste, e il tuo commento:

1. La neve si è sciolta perché il föhn ha soffiato tutta la notte.
2. Dopo che ha soffiato il föhn, la neve si è sciolta.
3. Il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta.
4. Il föhn ha soffiato tutta la notte. La neve si è sciolta.
5. Il föhn ha soffiato tutta la notte. Per questo la neve si è sciolta.
6. Il föhn ha soffiato tutta la notte. A causa di ciò, la neve si è sciolta.
7. Il föhn ha soffiato talmente a lungo che la neve si è sciolta.

Sul piano formale, le frasi complesse (1, 2 e 7) e la coordinazione (3) impongono ai processi semplici una struttura grammaticale unitaria. Gli esempi (4, 5 e 6), al contrario, sono giustapposizioni di enunciati autonomi che formano una struttura unitaria solo in quanto sono interpretate come messaggi coerenti, e quindi come frammenti di testo coerenti e coesi (p. 11).

Certo. Intanto, perché separi la coordinazione (frase 3) dalle frasi complesse (frasi 1, 2 e 7)? Non è anche (3) una frase complessa?

Ma non è questo il punto che vorrei sottoporti, il punto è un altro. Ho notato che tutte le volte in cui parli di giustapposizione e di testo, a separare le diverse sequenze usi il punto fermo, sempre. Mi chiedo, e ti chiedo (scusa l’ingenuità della domanda): perché? Perché non hai mai usato una virgola, anche quando il contesto l’avrebbe resa forse più plausibile? Almeno negli esempi 4 e 5, non pensi che una virgola sarebbe stata la soluzione più naturale? E più in generale, che cosa c’entra la punteggiatura con tutto ciò? E se usassimo un segno di punteggiatura più “debole” (Il föhn ha soffiato tutta la notte, la neve si è sciolta), chiameremmo la sequenza frase complessa, o testo? Capisco bene che la punteggiatura riguarda il testo scritto, mentre qui si sta discutendo di testo, senza ulteriori specificazioni. Ma nel momento in cui queste due sequenze (il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta) sono state trasferite sulla pagina scritta, è un fatto che nelle sequenze che chiami ‘testo’ venga usato sempre il punto fermo.

Un saggio recente, che certamente conosci (Le strutture del testo scritto, di Ferrari, Lala e Zampese, 2021, p. 35), ragionando esplicitamente del testo scritto, riconosce il ruolo importante che viene ad assumere la punteggiatura quando scrive: “si ha frontiera di enunciato ogni qualvolta vi è un punto fermo (non abbreviativo), un punto interrogativo, un punto esclamativo, i due punti, le parentesi tonde e i puntini di sospensione a chiusura della frase”. Mancano dalla lista, è subito evidente, la virgola e il punto e virgola, il cui funzionamento viene definito, due pagine dopo, “più complesso e scivoloso” (p. 37).

Immagino sia per questo che non li hai usati, che hai preferito il punto fermo, perché è il punto fermo che sancisce, senza ombra di dubbio, l’autonomia e la separatezza tra gli enunciati. Giusto? In conclusione tu chiameresti l’esempio 3 (Il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta) ‘frase complessa’ in cui una congiunzione coordinante collega due ‘frasi’ semplici; l’esempio 4 (Il föhn ha soffiato tutta la notte. La neve si è sciolta) lo chiameresti ‘testo’ o frammento di testo, costituito da due ‘enunciati’. E come chiameresti il föhn ha soffiato tutta la notte, la neve si è sciolta?

E se, oltre alla virgola, decidessimo di usare una locuzione anaforica o connettivo, che tu  giustamente, assieme a Colombo (La coordinazione, Carocci, 2012), consideri degli oggetti grammaticali non equiparabili alle congiunzioni? Se dicessi: Il föhn ha soffiato tutta la notte, per questo/perciò/ quindi la neve si è sciolta, siamo nell’ambito della frase o del testo? E se ci fossero insieme congiunzione e connettivo, quindi Il föhn ha soffiato tutta la notte, e per questo la neve si è sciolta, come chiameresti l’intera sequenza? Anche qui, siamo nell’ambito della frase complessa (vista la presenza della e) o nell’ambito del testo (vista la presenza del connettivo?) E, infine, se dicessi Il föhn ha soffiato tutta la notte. E la neve si è sciolta dovrei parlare di frase complessa (vista la presenza della e) o di testo (vista la presenza del punto?).

Insomma, delle due l’una: o ci arrendiamo all’esistenza di casi difficilmente etichettabili, di confine, oppure bisognerà ripensare alla linea di confine, e chiederci se per caso manchi ancora qualcosa alla descrizione. Ma naturalmente c’è anche una terza possibilità: che, per mia insufficienza, mi sia sfuggito qualcosa.

Grazie

La risposta di Michele Prandi si trova qui.

(Foto di photosforyou da Pixabay)

Nota per i lettori

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Di seguito riportiamo il commento del Prof. Sgroi alla lettera della Prof.ssa Lo Duca:

Cara Maria Pia,
per curiosità mi sono collegato col blog da te segnalatomi, che ‘sconoscevo’ [tu lo dici?]. E ho letto [, e ho letto] la tua lettera, devo dire ‘intrigante’ [tu lo dici?]. Ti chiederei però di indicare la sede e l’editore del testo che citi (Prandi dove ha scritto?), ad[. Ad] evitare ricerche on line perditempo.
–Una risposta alle tue osservazioni, però la darei in questo senso. Occorre distinguere tra da un lato a) gli USI VARIABILI dei parlanti-scriventi, qui le 7 frasi, tutte normativamente corrette, “naturali” e “plausibili” perché utilizzabili da parte di scriventi (mediamente) colti e senza fobie neopuristiche, e dall’altro b) le due REGOLE TEORICHE METALINGUISTICHE “discrete” indicate da Prandi. Nella fattispecie, la “REGOLA-1” FRASALE è alla base degli Usi con virgola, congiunzione “e”, subordinante; la “REGOLA-2” TESTUALE è invece alla base degli Usi con punto fermo.
— Due REGOLE “DISCRETE” (“sì-no”), separate da una “netta linea di confine”, perché consentono di classificare, senza alcun dubbio né residuo, ognuno dei 7 esempi: o nella Regola-1 o nella Regola-2. — Occorrerebbe piuttosto esplicitare la DIFFERENZA SEMANTICA alla base delle due Regole, magari inconsce per il parlante.
— E magari occorrerebbe pronunciarsi in quale Regola, come da te rilevato, far rientrare gli usi con o non contemplati da Prandi.
Ciao e una buona domenica
Salvatore Claudio Sgroi