Risposta aperta a Maria Pia Lo Duca – Parte I

(risposta a: Lettera aperta a Michele Prandi di M.G. Lo Duca)

Cara Maria Pia,
dati i limiti di spazio concessi da un blog, dividerò la mia risposta in due parti.
I problemi che sollevi relativamente alla distinzione tra frase complessa e testo sono di due ordini.

In primo luogo, si tratta di capire quali parole o espressioni di collegamento creano una connessione grammaticale e quali, viceversa, si limitano a segnalare e sottolineare un collegamento tra contenuti coerenti come mezzi della coesione testuale. Nel primo caso, abbiamo delle congiunzioni, coordinative o subordinative: per esempio e, o, perché, dopo che. Nel secondo caso, abbiamo degli avverbiali anaforici: per esempio per questo o ciononostante (Parte 1).

In secondo luogo, si tratta di mettere a fuoco il rapporto tra la struttura sintattica della frase e la prosodia, e in particolare la distribuzione di pause deboli e pause forti, che nel testo scritto sono segnalate dai segni di interpunzione: rispettivamente dalla virgola e dal punto o dal punto e virgola (Parte 2).

Premessa

La prima domanda è terminologica, e dunque preliminare. Non c’è unanimità sul concetto di frase complessa; inoltre, e soprattutto, la tradizionale analisi del periodo privilegia la subordinazione. Tuttavia, è ragionevole includere anche la coordinazione tra le frasi complesse: si ha frase complessa ogni volta che due frasi virtualmente indipendenti – per esempio Il föhn ha soffiato tutta la notte da un lato; La neve si è sciolta dall’altro – sono collegate per formare un’unica frase. Ora, sia in presenza di coordinazione – Il föhn ha soffiato tutta la notte e la neve si è sciolta – sia in presenza di subordinazione – La neve si è sciolta perché il föhn ha soffiato tutta la notte – c’è una connessione grammaticale che collega due frasi. Nella giustapposizione, viceversa, non c’è collegamento grammaticale. Le due frasi indipendenti sono separate da una pausa forte, che nello scritto è segnalata da un segno di interpunzione forte (un tema che affronterò nella parte 2): Il föhn ha soffiato tutta la notte. La neve si è sciolta, Il föhn ha soffiato tutta la notte; la neve si è sciolta. Nella giustapposizione, le due frasi sono grammaticalmente indipendenti e riescono a collegarsi sul piano del contenuto se e solo se riescono a formare insieme un testo coerente. Per questo non parlo più di frase complessa ma di testo.

Congiunzioni e avverbiali anaforici

Le congiunzioni sono parole di collegamento che creano una connessione sintattica tra due frasi, con due eccezioni. Tradizionalmente, si definiscono congiunzioni anche le parole come che, che collegano un verbo principale e una frase argomentale: per esempio, Temo che tu ti sbagli. In questo caso, ovviamente, non si collegano due frasi, perché la frase subordinata satura una valenza del verbo principale, insieme al quale costruisce una sola frase e un solo significato complesso – un solo processo. Inoltre, le congiunzioni coordinative non collegano solo frasi ma anche costituenti di pari rango: per esempio, sintagmi nominali come l’allodola e lo scricciolo. In tutti questi casi, comunque, abbiamo una connessione grammaticale all’interno di una frase semplice o complessa.

A differenza delle congiunzioni, gli avverbiali anaforici sono costituenti di uno degli enunciati che si seguono in una giustapposizione o in una sequenza coordinata. Si trovano tipicamente all’interno del secondo enunciato, e hanno una funzione anaforica in quanto rinviano a uno o più enunciati antecedenti. Possiamo distinguerli in avverbiali anaforici in senso pieno e in senso debole. Gli avverbiali anaforici in senso pieno contengono una ripresa puntuale di almeno un processo antecedente: per esempio per questo, ciononostante. Gli avverbiali anaforici in senso debole possono essere usati coerentemente solo se rimandano a un enunciato antecedente senza che però ci sia ripresa puntuale: per esempio allora, lo stesso. È importante sottolineare che gli avverbiali anaforici non creano una connessione grammaticale: quando l’enunciato nel quale si trovano è giustapposto all’enunciato al quale rinviano, la connessione grammaticale ovviamente non c’è; quando i due enunciati sono coordinati, la connessione è opera della congiunzione ed è indipendente dalla presenza eventuale dell’avverbiale anaforico.

Messa così, la differenza sembra chiara. Tuttavia, sul problema del confine tra congiunzioni e avverbiali anaforici c’è una certa confusione, alimentata da due tendenze documentate in linguistica e in grammatica.

In primo luogo, in linguistica si è affermato l’uso del termine connettivo come termine ombrello che include sia le congiunzioni, sia gli avverbiali anaforici. Alla voce «Connettivi» dell’Enciclopedia dell’italiano Treccani (271), ad esempio, Angela Ferrari scrive: «Il termine connettivo indica in linguistica ciascuna delle forme invariabili (congiunzioni, locuzioni, ecc.) che indicano relazioni che strutturano ‘logicamente’ i significati della frase e del testo». Nell’esempio seguente, l’autrice sottolinea e include tra i connettivi un avverbiale anaforico (in corsivo) e tre congiunzioni (in neretto):

L’ho stretta forte a me, ho cercato in seguito di spiegarle tutto con calma: ma non è servito a nulla, perché Francesca si era intestardita e aveva deciso di non capire.

La definizione di connettivo ignora il confine tra strumenti grammaticali e strumenti della coesione testuale in nome di una presunta funzione comune di collegamento. In realtà la funzione comune è illusoria: le congiunzioni creano un collegamento grammaticale tra frasi semplici che formano una frase complessa, mentre gli avverbiali anaforici sottolineano una relazione concettuale tra processi indipendenti, e quindi tra significati di frasi indipendenti che formano insieme un testo coerente.

In secondo luogo, nelle grammatiche italiane più diffuse, molti avverbi anaforici, e in particolare dunque e quindi, sono classificati tra le congiunzioni coordinative (Battaglia e Pernicone 1980: 264, Fogarasi 1983: 330, Dardano, Trifone 1985: 282; 1997: 375 e Serianni 1989: 359). Questo fatto genera una grande confusione: se prendiamo sul serio la definizione, dobbiamo concludere che casi evidenti di giustapposizione sono frasi complesse: per esempio, La finestra è aperta. Dunque Maria è rientrata, o addirittura La finestra è aperta. Maria, dunque, è rientrata. Su questo punto ha fatto chiarezza una volta per tutte Adriano Colombo (La coordinazione, Carocci, 2012, pp. 53 – 62), fornendo criteri espliciti per una distinzione rigorosa.

In quanto strumenti di collegamento sintattico, le congiunzioni possono comparire solo sul confine tra le due frasi congiunte. Dato che sono interni a una delle due frasi, viceversa, gli avverbi anaforici non hanno una posizione fissa. Per la stessa ragione, tra due frasi coese compare una pausa forte (Cfr. Parte 2), che non è ammessa in presenza di congiunzioni. Infine, una congiunzione non può combinarsi con un’altra congiunzione, mentre un avverbio anaforico, come abbiamo già osservato, può cooccorrere con una congiunzione di coordinazione. La congiunzione e, ad esempio, non può combinarsi con la congiunzione ma, ma può combinarsi con un avverbiale anaforico come per questo. Se applichiamo i tre criteri ai casi dubbi come dunque e quindi, ci rendiamo conto che la distinzione si ristabilisce. Come mostrano gli esempi, in particolare, quindi non si comporta come la congiunzione e, ma come perciò, che è un caso indubbio di avverbiale anaforico:

1.  Piove e la campagna è allagata.
2.  Piove. Perciò la campagna è allagata.
3.  Piove. Quindi la campagna è allagata.
4.  *Piove la campagna e è allagata.
5.  Piove. La campagna perciò è allagata.
6.  Piove. La campagna quindi è allagata.
7.  *Piove e ma la campagna è allagata.
8.  Piove e perciò la campagna è allagata.
9.  Piove e quindi la campagna è allagata.

Il confine tra congiunzioni e avverbiali anaforici potrebbe essere difficile da riconoscere in qualche caso particolare. Non mi vengono in mente esempi in sincronia, ma può succedere. In diacronia, ci sono casi documentati di avverbiali anaforici che diventano congiunzioni e di congiunzioni che diventano avverbiali anaforici: c’è un bellissimo saggio di Mazzoleni sull’avventura di sicché, che da congiunzione subordinativa diventa appunto un avverbiale anaforico (In Tipologia, acquisizione, grammaticalizzazioneTypology, Acquisition, Grammaticalization Studies, a cura di Marina Chini e Pierluigi Cuzzolin, Milano, Franco Angeli, 2018, pp. 27-50). I dubbi relativi a casi particolari e i mutamenti storici, tuttavia, non pregiudicano la distinzione di principio. Anzi, perché venga il dubbio sulla definizione esatta, e a maggior ragione per identificare il mutamento nella storia, occorre che la distinzione di principio sia salda.

Un ultimo punto da chiarire è se ci possa essere connessione grammaticale tra frasi in assenza di una congiunzione: si tratta della cosiddetta coordinazione per asindeto. A questo proposito, però, occorre fare chiarezza. Riporto per questo un passo del mio volume L’analisi del periodo (Carocci, Roma, 2013, pp. 93-94):

La nozione di asindeto è giustificata all’interno di una frase quando i congiunti sono costituenti di rango inferiore, ad esempio espressioni nominali o predicati. Nell’esempio seguente di Battaglia e Pernicone (1980, p. 322), compaiono più predicati giustapposti all’interno di una sola frase: «Il cane è un animale fedele, difende il padrone, custodisce la casa, fa la guardia agli armenti, è indispensabile alla caccia ecc.». In casi come questi, la giustapposizione è funzionalmente equivalente alla coordinazione e, in effetti, una congiunzione (ad es. e) compare tipicamente a chiudere la serie di costituenti giustapposti: Il cane è un animale fedele, difende il padrone, custodisce la casa, fa la guardia agli armenti ed è indispensabile alla caccia.
Ciò che rende la giustapposizione strutturalmente e funzionalmente equivalente a una coordinazione è la presenza di una cornice grammaticale unitaria di frase che ingloba tutti i costituenti e, in particolare, collega i costituenti dello stesso rango e della stessa funzione indipendentemente dalla presenza di una congiunzione coordinativa. Lo stesso ragionamento vale quando una sequenza di frasi è chiusa da una congiunzione coordinativa come e, che racchiude le frasi indipendenti in un’unica struttura grammaticale unitaria: Giorgio ha comperato il pane, Piero ha cucinato l’arrosto e Maria ha lavato i piatti.
Ma quando più enunciati sono semplicemente giustapposti, non c’è una cornice grammaticale unitaria di frase che li ingloba e la sola struttura unitaria che possono formare è un testo: Giorgio ha comperato il pane; Piero ha cucinato l’arrosto; Maria ha lavato i piatti. Se non fosse così, nessun testo, di qualsiasi estensione, potrebbe essere distinto da una frase. Quando la giustapposizione coinvolge frasi indipendenti, la distinzione tra coordinazione e giustapposizione coincide con la frontiera tra frase e testo.

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