“S’incomincia con un temporale”. Zampese racconta Meneghello

Recensione a Luciano Zampese (2021), “S’incomincia con un temporale”. Guida a Libera nos a Malo di Luigi Meneghello, Carocci, Roma.

Titolo suggestivo ed evocativo quello dell’ultimo libro di Luciano Zampese; titolo che entra da subito nel cuore dell’opera che, con ogni risorsa linguistica e retorica, l’autore invita a leggere e rileggere. Più modesto (anche troppo per i miei gusti) il sottotitolo, che dà invece una prima fotografia dello stesso Zampese. Luciano è un insegnante e uno studioso troppo modesto, legato da amicizia profonda e sincera ammirazione a Luigi Meneghello. Scrittore quest’ultimo – è da dirlo subito – da non perdere per chi abbia un minimo di sensibilità linguistica, letteraria, civile, e per chi abbia a cuore il destino del proprio paese, piccolo o grande che lo si intenda.

Non so se Meneghello sia per tutti uno scrittore noto e praticato; per alcuni anni e in diversi ambienti – accademici e non – è stato di volta in volta considerato autore dialettale o scrittore senza respiro nazionale, specie per il libro che Luciano Zampese desidera guidare a leggere. Quel che è certo è che lo scrittore vicentino è stato sinceramente ammirato da tanti, di un amore esclusivo e inconsueto in letteratura, e guardato con sospetto da altri. Scrittore che ha tanto amato il proprio paese da lasciarlo, nell’immediato dopoguerra, per servirlo con i suoi libri da lontano, dalla accogliente – e allora esclusiva – Inghilterra. Cittadino del mondo e scrittore originale e spiazzante, innovatore in lingua e nella scrittura civile, uomo contro corrente per l’impegno in ogni ambito del sapere, dell’agire e dello scrivere.

Il libro, che si deve leggere se ancora non si è letto, viene pubblicato da Feltrinelli nel 1963. Libro ed editore coraggiosi per quei tempi. Libro sempre attuale, e mai invecchiato, nonostante descriva e racconti un mondo che apparentemente non c’è più. Meneghello fa parlare il suo paese già nel titolo; e il titolo fa venire in mente a chi è riuscito a vivere, o a farsi raccontare – se più giovane, gli ultimi respiri dell’ancien régime quando nei paesi dell’alto vicentino (ma in ogni paese del Paese) si pregava in latino, magari senza capire quel che si diceva: il ‘malo’ latino del ‘liberaci dal male’ del Padrenostro è il nome del paese di nascita e formazione di Meneghello. Un paese appunto come tanti, in Veneto e non solo in Veneto. Lo scrittore parla e scrive trasponendo col ‘trasporto’ (operazione linguistica di rara sensibilità) l’anima della lingua nativa (il dialetto appunto) insieme all’anima del proprio paese nella lingua di tutti.

Che cosa fa Luciano Zampese nel libro? È subito da dire che è da mettere tra parentesi il termine riduttivo con cui lo studioso lo presenta, e cominciare invece a vederne l’impianto e lo spirito. È sufficiente leggere Premessa e Indice per capire che si tratta di molto più di una guida: è un vero e proprio libro di critica sapiente linguistica e letteraria, fatta con grande competenza e totale passione. L’autore insegna all’Università di Ginevra, è allievo di Emilio Manzotti, noto studioso di linguistica e di linguistica testuale, e critico raffinatissimo. Con Angela Ferrari, Zampese ha curato una importante grammatica per la scuola superiore, ma non solo per la scuola (A. FERRARI, L. ZAMPESE, Grammatica: parole, frasi, testi dell’italiano, Carocci, Roma): grammatica innovativa, che ha convinto chi ancora ne avesse avuto bisogno a fare spazio alla cultura del testo nell’insegnamento in scuole di qualsiasi ordine e grado. Grammatica anche per giovani universitari, e per tutti quelli che hanno interesse per la lingua e per i testi. In ogni caso, quel che vale la pena di segnalare, è che Luciano Zampese non ha mai lasciato la scuola di ogni giorno (il Liceo classico di Thiene, nel suo caso).

Il secondo capoverso della Premessa dà immediatamente l’idea della considerazione e dei riconoscimenti che Meneghello ha avuto negli anni ’90; l’ultimo chiude con una citazione di un comune amico che mi piace riportare. È il brano di una lettera che Gigi Corazzol scriveva allo stesso Meneghello:

per me e per altri che conosco lei non è puramente l’autore di libri che ci piacciono ma qualcosa di altrimenti sostanziale che è difficile da dire senza pomposità, ma sono certo che lei mi capisce: dentro ci si trovano istruzioni essenziali per una vita accettabile e scritte precisamente: più o meno una grammatica morale.

Nelle poche parole di Corazzol è racchiuso il senso del perché si leggono i libri, e del perché leggerli fa bene alla salute. Nei nove titoli dei nove capitoli si capisce perché il libro di Zampese non è una semplice guida; sono quasi tutti titoli connotati o sapientemente denotati: il sette ad esempio si chiama “Il sugo di vivere a Malo”; il tre “L’edificio Libera nos: architetture narrative, note, appendici”.

È un libro devoto. Lo dicono le tante citazioni da Meneghello che fanno dire che per far leggere Meneghello Zampese abbia voluto far parlare lo stesso scrittore. Meneghello si racconta, ma si racconta nel e col farsi del libro: negli episodi di vita quotidiana, col crescere della scrittura, nel cercare e nel trovare le profonde e autentiche motivazioni dello scrivere. Pochi come il non esule in Inghilterra hanno riflettuto con tanta chiarezza e con tanto entusiasmo sui misteriosi e affascinanti meccanismi della lingua. O, per meglio dire, delle tante lingue nelle quali si declina il linguaggio verbale degli uomini.

Per sollecitare a leggere Libera nos a Malo non c’è altro da dire che: prendete il libro, cominciate dalle prime pagine (ma anche da qualsiasi pagina) e lasciatevi andare; vi prenderà da solo. Mi interessa dire qui perché leggere il e i libri di Meneghello, e perché farsi accompagnare da Luciano Zampese. Per chi voglia sapere di lingua e di linguaggi, della loro varietà, del loro uso, della loro ricchezza, della loro potenza, ci sono naturalmente i saggi dei classici studiosi; ma c’è anche chi, attraverso la letteratura, ha fatto della lingua – bene tra i più preziosi – oggetto di riflessione continua per tutta la vita. Leggere allora Meneghello facendosi guidare da Zampese (da questo punto di vista, guida preziosa) diventa, soprattutto per insegnanti e non insegnanti, esperienza da non sottovalutare. Per chi poi della scrittura – funzione del capire, per dirla con lo scrittore – voglia conoscere meccanismi, dinamiche, processi, importanza per la propria vita, legga ancora Meneghello e si faccia guidare da chi lo ha letto, riletto e amato profondamente. Di questa importante e nobile attività di ciascuno e di tutti è necessario sapere valore e funzione: scrivere aiuta a capire appunto, a capirsi, a consolarsi, e a tenersi compagnia, a tenere più pensosi e meditati i rapporti con gli altri.

Nelle antologie scolastiche Luigi Meneghello è riportato – quando lo è – per l’originalità e la ‘diversità’ della scrittura; o anche per il suo impegno civile e resistenziale. Penso che gli insegnanti dovrebbero leggerlo se non altro per far capire agli studenti, con pagine di autentica poesia, le potenzialità della lingua e il potere della scrittura. Zampese, tra l’altro, non si limita ad accompagnare alla lettura di Libera nos a Malo, ma alla conoscenza completa di un autore ‘totale’.


Lo scrittore e chi ci sollecita a leggerlo sono per chi ama la linguistica e l’educazione linguistica, anche e soprattutto nella letteratura, autori da non perdere.