In ricordo di Adriano Colombo

Alcuni insegnanti del Giscel Emilia Romagna hanno svolto, in vista del loro XXII Convegno nazionale, una ricerca consistente nella progettazione e nella sperimentazione di un percorso didattico in verticale sulla nominalizzazione. La ricerca riguardava anche il modo in cui questo argomento viene trattato nei manuali di grammatica, per cui ne sono stati analizzati più di una decina, compresi quelli maggiormente adottati. Ebbene, con una certa sorpresa si è visto che solo due grammatiche trattano in modo esplicito questo importante meccanismo della lingua italiana, e che la prima a farlo, in modo più esteso, era stata quella di Adriano Colombo, pubblicata nel 1988 col titolo Pensare le parole, poi ristampata in tre volumetti a partire dal 2013 col titolo Pesare le parole e ora reperibile on demand presso Lulu Press. Questa scoperta è stata un’ennesima conferma, a tre anni ormai dalla sua scomparsa, del prezioso contributo fornito da Adriano all’educazione linguistica. Il Giscel ha preso meritoriamente diverse iniziative per continuare a diffondere e far conoscere la sua opera. Fra di esse la pubblicazione di una raccolta di suoi articoli e interventi particolarmente significativi nel volume Lingua, letteratura e scuola curato da Guido Armellini e Giorgio Graffi, l’istituzione di un Premio Adriano Colombo per giovani insegnanti e di un Fondo Colombo presso il Dipartimento di Filologia classica e italianistica dell’Università di Bologna per la conservazione della sua biblioteca. Il fondo, istituito grazie soprattutto all’interessamento di Nicola Grandi e Matteo Viale, è in attesa di una catalogazione che dovrebbe essere completata nel prossimo anno.

Non meno importante è stato il “salvataggio”, all’interno del sito nazionale del Giscel, grazie al contributo tecnico di Walter Paschetto, del sito personale in cui Adriano, a partire dai primi anni 2000, aveva cominciato a raccogliere, secondo un proprio gusto non privo di aspetti ironici e giocosi, molti suoi articoli e interventi che non avevano avuto una pubblicazione o che potevano essere reperiti solo con difficoltà. Ed è stato un “salvataggio” vero e proprio, non solo per modo di dire. Nel febbraio 2020, infatti, la segretaria nazionale Silvana Loiero si accorse improvvisamente che il sito di Adriano non era più accessibile, sia per lei sia per le studiose e gli studiosi che avevano l’abitudine di frequentarlo. Svolte le prime indagini, constatò che dopo la sua scomparsa l’abbonamento non era stato più rinnovato e che il suo dominio era stato acquistato da sconosciuti: il sito con tutti i suoi contenuti sembrava essere andato irrimediabilmente smarrito nel gran mare della rete. Non rassegnandosi alla perdita, Silvana si rivolse a Gabriele Pallotti, il quale con l’aiuto di un tecnico della sua università si mise a cercare nel web uno per uno i contenuti del sito di Adriano, riuscendo a recuperarli quasi tutti. La segreteria nazionale decise allora che il nome di Adriano Colombo fosse inserito proprio nella home del sito Giscel come link di accesso al suo nuovo sito così ricostituito. Certo, qualcosa di quello originario si è perso, come la veste grafica voluta da Adriano con l’immagine della sua amata gattina, che resta invece riprodotta sulla quarta di copertina del primo volume della sua grammatica ristampata, e il prezioso volumetto del 2010 Forse qualcuno ha imparato qualcosa (ora disponibile on demand su Lulu press al link indicato) in cui ripercorre la sua vicenda biografica di insegnante, di studioso e di intellettuale impegnato nei problemi della scuola.

Quest’ultimo volumetto Adriano lo aveva anche fatto stampare e circolare in forma privata tra amici e conoscenti interessati, ma adesso varrebbe davvero la pena di ripubblicarlo nel sito del Giscel, insieme agli altri testi salvati, per almeno due buone ragioni. In primo luogo perché, indirettamente, ricostruisce in modo sintetico circa trent’anni di storia, non solo del Giscel, ma anche della didattica dell’italiano e di alcune importanti vicende della scuola del nostro paese. È una ricostruzione che ha soprattutto il valore di testimonianza, ma di una testimonianza molto significativa dato il ruolo di protagonista avuto da Adriano, e che per la sobrietà stilistica, venata di ironia e autoironia, riesce a coinvolgere e spesso a divertire il lettore. Insomma, la sua pubblicazione nel sito potrebbe offrire, soprattutto ai nuovi insegnanti di italiano ma non solo, l’opportunità di colmare, in modo anche piacevole, quella lacuna nella storia della didattica che spesso viene lamentata.

Una seconda ragione è che la lettura del libretto permette di approfondire, accanto al lato oggettivo della figura, per certi versi unica, di insegnante ricercatore incarnata da Adriano, già indagato in modo esauriente da Armellini e Graffi nell’introduzione al libro citato, anche il suo lato soggettivo, la statura umana di essa; e, in particolare a chi lo abbia conosciuto personalmente, di confrontare l’immagine che se ne era fatta con quella che lui stesso, più o meno direttamente, dà di sé in queste pagine.

La stessa onestà intellettuale che Adriano metteva nelle sue analisi linguistiche, come l’ostinazione ad attenersi al dato concreto, ricorrendo, fra l’altro, quasi esclusivamente a frasi “autentiche” reperite con fatica da temi svolti e da pubblicazioni, la si ritrova nel modo in cui riconosce le sue difficoltà, i propri fallimenti e anche i propri limiti. Questa passione per l’onestà intellettuale e morale è forse la cifra principale della sua umanità. Nel libro se ne possono scoprire vari indizi: la figura del padre “antifascista da sempre, membro del CLN, con tre esperienze di galera”, la “Lettera ad una professoressa” di Barbiana vissuta come “un pugno in faccia” che rivoluziona la sua vita di studioso, il “gran rifiuto” della carriera universitaria, la fama di “monello” guadagnatasi dentro al Giscel. Ce ne sono anche molti altri, che forse è meglio lasciare al lettore il gusto di scoprire.

Chi l’ha frequentato di persona troverà, naturalmente, anche qualcosa che manca, dell’Adriano da lui conosciuto, nel libretto. Un primo aspetto che non ho trovato in esso, ma che spiega la carriera di formatore e coordinatore di insegnanti, è la sua capacità di ascolto, la capacità di valorizzare il positivo che c’era in ciascuno, facendogli sentire, nonostante il carattere burbero, la propria vicinanza. Mi pare, anche, che non venga fuori abbastanza, la sua versatilità, quella molteplicità di interessi che, a un certo punto, definisce scherzosamente “dongiovannismo intellettuale”, ma che subito dopo riconosce, seriamente, come un requisito fondamentale di chi insegna: “Chi insegna deve avere una cultura più estesa che specialistica, deve essere curioso di molte cose, suscitare e coltivare curiosità”. Basti pensare, per fare qualche esempio, che alla scuola secondaria Adriano brillava soprattutto in matematica, e che questa inclinazione scientifica è rimasta sempre presente nelle sue attività. Era molto esperto di arte e di musica, si dilettava a suonare il pianoforte e molti anni fa con grande sorpresa lo incontrai a un corso di balli popolari dove ero andato per caso.

Aveva scelto a un certo punto di vivere in campagna, praticando lavori manuali e attività domestiche. Non perdeva mai di seguire i giri ciclistici più importanti e, finché la moglie Paola è stata bene, capitava di vederli attraversare in sella a un tandem il centro di Bologna. Poi, purtroppo, Paola si è ammalata gravemente e ha avuto bisogno di un’assistenza costante, che lui finché ha potuto non le ha fatto mai mancare, con una tenerezza che è impossibile descrivere. È possibile, invece, immaginare il rammarico che deve aver provato al pensiero di non potergliela più assicurare allo stesso modo quando capì che sarebbe stato lui il primo a partire.